Il Parkison è una delle malattie più terribili tra quelle neurodegenerative, ma gli scienziati italiani hanno fatto grandi passi in avanti con la ricerca: le novità
Il malato più famoso al mondo, l’attore Michael J. Fox, dimostra ogni giorno quanto sia difficile convincere con la malattia di Parkinson. Fortunatamente, su questa e su altre patologie, la ricerca continua ad andare avanti. Oggi, grazie a uno studio tutto italiano sappiamo qualcosa in più per poter affrontare questo male.
Si tratta di una malattia neurodegenerativa che, come tutte le malattie di questo tipo (si pensi all’Alzheimer) genera grande sofferenza sia in chi ne è affetto, ovviamente, ma anche in chi sta vicino, assiste e accudisce il malato. Con la malattia di Parkinson si assiste a una crisi lenta e progressiva, che coinvolge diverse funzioni motorie, vegetative, comportamentali e cognitive.
Il sintomo più noto e visibile è il tremore a riposo. Ma vi è anche la rigidità del corpo, nonché la lentezza nei movimenti automatici e l’instabilità posturale. Quanto ai sintomi più neurologici, sicuramente preoccupanti le allucinazioni che, infine, possono portare a una vera e propria demenza. Tutto a causa di un calo drastico della dopamina nel cervello che causa una degenerazione costante dei neuroni, che porta poi a quei sintomi, con l’allargamento della malattia a tutto il corpo.
Parkinson: la scoperta italiana nella lotta alla malattia
Tra le cause per le quali ci si ammala di Parkinson vi sono certamente delle componenti di natura genetica, ma anche l’esposizione a sostanze tossiche può innescare il male che, purtroppo, al momento, non ha farmaci, né sostanze e trattamenti che possano prevenirne l’insorgenza. Oggi, però, una scoperta tutta italiana dà un po’ di speranza.
Lo studio realizzato dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli, l’Ircss San Raffaele di Roma a l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma è stato pubblicato sulla rivista Nature Parkinson’s disease Npj.
Gli scienziati italiani avrebbero scoperto che è una proteina a sviluppare il Parkinson. L’accumulo della della 945-sinucleina porterebbe al declino cognitivo che poi esplode con il Parkinson: tale proteina, che è normalmente presente nel cervello, è nociva solo se si accumula in determinate aree del cervello.
I ricercatori hanno effettuato le proprie ricerche sui topi, intuendo che se la 945-sinucleina si accumula nell’ippocampo provoca difetti di memoria che però restano stabili e non peggiorano. Quando, invece, la 945-sinucleina si accumula nel mesencefalo, i problemi sono quelli della demenza e sono progressivi.