Tecnologia

Neuromarketing: cosa è e a che cosa serve?

Il futuro della vendita e della promozione è chiaro e ha un nome: neuromarketing.

In questo articolo esploreremo insieme a Sergio Pinto di Geofelix web agency Milano, questa disciplina che da qualche anno inonda qualsiasi settore merceologico e, soprattutto, il mondo digital. Le strategie per applicare le sue teorie in comunicazione sono tantissime e, di mese in mese, se ne scoprono di nuove.

Non è nulla di magico, nulla di ingannevole: è tutta scienza e funziona.

Neuromarketing: definizione

Iniziamo dalle basi. Cosa significa neuromarketing?

La parola è composta da neuro, abbreviazione di ‘neuroscienze’ e marketing, che già conosciamo. Il neuromarketing è quindi l’applicazione delle neuroscienze al mondo della comunicazione e della vendita. Di conseguenza, però, c’è da chiedersi cosa siano invece le neuroscienze.

Una definizione è ‘disciplina che studia il cervello e il suo funzionamento per descrivere e prevedere i comportamenti delle persone’.

Per quanto possa sembrare qualcosa di contemporaneo se non futuristico, le radici delle neuroscienze arrivano fino al 1700 a. C. quando, nell’antico Egitto, già troviamo testimonianze di chirurgie cerebrali. E’ solo però dal 1890 che abbiamo iniziato a ‘fare sul serio’. Allora, Camillo Golgi intuì che diverse parti del cervello svolgono diverse funzioni.

Quell’idea è stata il cardine su cui si sono costruite le neuroscienze negli anni successivi. L’obiettivo principale della disciplina è infatti mappare le attivazioni neuronali che provocano i nostri comportamenti.

Neuromarketing: come utilizzarlo in comunicazione

Come possiamo sfruttare le intuizioni del neuromarketing in comunicazione? Il principio sorprendente che apre molte strade è questo: più del 90% delle decisioni vengono prese a livello inconscio. Non siamo animali razionali che si emozionano, ma animali emozionali che razionalizzano.

E’ dimostrato da ormai tutta la comunità scientifica che scegliamo di comprare quel sugo anzichè l’altro prima di quando ce ne rendiamo conto: prima agiamo e poi cerchiamo di giustificare il nostro comportamento.

Una volta conosciuti i meccanismi che il cervello usa per emozionarsi possiamo sfruttarli a nostro vantaggio e ‘spingere dolcemente’ il consumatore a scegliere il nostro servizio. Il concetto di spinta gentile, o nudge, è centrale: si tratta di piccoli accorgimenti che invitano a compiere una certa azione. L’esempio più comune sono i dossi stradali che invitano a rallentare, ma anche posizionare dei prodotti ad altezza occhio su uno scaffale o usare i colori per creare dei punti focali su un banner pubblicitario sono degli ottimi nudge.

Nel prossimo paragrafo entreremo nel concreto: quali sono i meccanismi cerebrali da sfruttare? Quali sono i nudge più efficaci?

Neuromarketing: qualche esempio

I bias cognitivi (o euristiche) di cui essere consapevoli quando si comunica sono molti. Ne presentiamo ora alcuni, i più utilizzati.

  • Ancoraggio: è la tendenza di affidarsi eccessivamente alla prima informazione ricevuta, un’àncora.

Usato molto nel pricing, si ha ancoraggio quando si propone uno sconto. Se il prezzo di partenza è alto, allora il valore scontato sembrerà molto basso e la percezione di convenienza salirà.

  • Qualità-prezzo: più un prodotto costa, più ci sembra di qualità.

Le nostre aspettative su un vino, ad esempio, modificheranno concretamente la nostra fruizione: ci sembrerà più buono se sappiamo che costa molto.

  • Priming dei volti: siamo attirati dalla presenza di volti e, soprattutto, di occhi.

Nelle pubblicità uno dei modi migliori per attrarre l’attenzione è inserire un volto o un paio di occhi. Ancestralmente siamo abituati a cercare altri sguardi, per difenderci e riprodurci. Non abbiamo mai perso questo istinto.

  • Avversione alla perdita: anche detta ‘senso di urgenza’, si applica quando c’è qualcosa che sta per essere perso.

‘Ultimo giorno’, ‘pochi posti disponibili’, ‘fino a esaurimento scorte’, tutte frasi che ci spingono ad agire ora per non perdere un’occasione.

  • Teoria dei colori: ogni colore è associato a dei significati universali.

Un logo blu è istituzionale, tradizionale, mentre uno arancione è attivo, pieno di energia. Ma non vale solo per i loghi: punti vendita, pubblicità, capi di abbigliamento, tutto può usare il colore per trasmettere una sensazione. Se vogliamo che l’utente stia di più sul nostro sito, proviamo a usare tinte pastello, ma se vogliamo che prenda una decisione subito del rosso fuoco aiuterà.

  • Prova sociale: o ‘effetto imitazione’, dice che siamo portati a imitare il comportamento altrui.

Se l’han già scaricata in tanti, lo faccio anche io. Se si sono già abbonate 5 milioni di persone, perché io non dovrei. Ci fidiamo degli altri e delle loro decisioni, soprattutto se sono molti ad averle prese. Questo, unito alla paura di essere tagliato fuori (fear of missing out) genera un effetto enorme nei consumatori.

Questi sono solo alcuni dei bias che il neuromarketing ci insegna e ci permette di sfruttare. Attenzione, però: il consumatore è sempre più consapevole delle sue ‘debolezze’ e conquistare la sua fiducia è sempre più difficile. Per questo, la verità e la forza del vostro messaggio rimane sempre la cosa più importante di tutte.

Leggi anche: I migliori servizi e app di streaming audio.

Carlo Alberto Bello

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