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Solitudine, un male troppo spesso sottovalutato: fa invecchiare e causa danni al cervello

Un nuovo studio ha messo in luce gli effetti negativi della solitudine sul nostro cervello. Vediamo insieme i dettagli.

Socializzare potrebbe non essere solo un piacere ma una necessità legata alla salute. Una nuova ricerca ha dimostrato che la solitudine peggiora le nostre funzioni cerebrali e non solo.

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La solitudine può avere ripercussioni negative sulla salute – Step1.it

La solitudine per alcuni è una scelta ma per moltissimi altri non lo è affatto. Chi ha 20-30-40 anni può scegliere di vivere da solo perché ama la propria indipendenza e autonomia. Infatti i single sono in aumento come sono in aumento le coppie che, pur stando insieme, vivono ognuno per conto proprio. In ogni caso finché si è giovani non si vive mai in totale solitudine perché si esce, si va al lavoro, in palestra: ci si relaziona sempre con qualcuno fosse anche per solo dieci minuti al giorno. Completamente diverso è il discorso che riguarda gli anziani. In questo caso difficilmente la solitudine è una scelta ma nella nostra società è diventato abbastanza frequente il fenomeno delle persone anche molto anziane che vivono da sole e passano anche intere giornate chiuse in casa senza mai scambiare due parole con qualcuno.

Effetti negativi della solitudine

Fino ad oggi si pensava che, al massimo, la solitudine potesse causare tristezza, malinconia, malumore. Invece un nuovo studio ha messo in evidenza come gli effetti sulla salute possano essere ben più gravi. Per questo la solitudine non va mai sottovalutata.

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Solitudine e demenza sono correlate – Step1.it

Lo studio ha coinvolto duemila persone di età compresa tra i 50 e gli 82 anni, tutti senza problemi cognitivi. I ricercatori, attraverso la risonanza magnetica, hanno indagato cosa accadeva nel cervello dei partecipanti all’inizio dello studio e a distanza di sei anni. È emerso che coloro che vivevano tendenzialmente isolati, dopo sei anni, avevano una evidente riduzione delle dimensioni di alcune aree cerebrali tra cui l’ippocampo. La riduzione di quest’ultimo è il primo passo verso demenza e Alzheimer.

Non solo. È emerso che le persone che vivevano isolate presentavano anche un evidente peggioramento della memoria e della velocità di comprendere e rispondere ad una domanda o di eseguire gesti abituali di vita quotidiana. Già nel 2017 uno studio simile aveva messo in luce come chi vive solo – in particolare le persone anziane – tende poi a percepire minacce nell’ambiente esterno e, alla lunga, può iniziare ad accusare allucinazioni: anch’esse strettamente connesse alla degenerazione delle funzioni cognitive.

Non è un caso, infatti, se molti soggetti affetti da demenza o Alzheimer durante il periodo di lockdown siano peggiorati. Le relazioni e le interazioni con gli altri forniscono sempre nuovi stimoli e sono, dunque, importanti per tenere il cervello in allenamento.  Infine, una meta analisi di 23 studi sull’argomento,  ha messo in luce che la solitudine può anche avere ripercussioni negative sul fisico e aumentare il rischio di essere colpiti da ictus o di sviluppare malattie coronariche.